Recentemente mi è capitato spesso di discutere del lavoro, in modo particolare a donne e lavoro. Mia madre è qualificata sulla carta, come impiegata. In realtà non è seduta 8 ore in un ufficio ma è in piedi attaccata ad una macchina che produce fiale mediche. Venti anni di lavoro e molta stima. Due anni fa la ditta mette davanti a tutte le lavoratrici un cambiamento. L’azienda ha deciso di trasferirsi a Masate (ex sede Novate Milanese), molto più lontano, quasi vicino a Bergamo. Il che vuol dire, benzina, autostrada giornaliera, costi. Cosa fare? “ho dei figli, ce la farò?”, “è cosi lontano, ma come faccio senza lavoro”… questi alcuni dei dubbi… quasi tutte hanno optato per il trasferimento, a meno che non si abbia un marito con un buono stipendio e che possa mantenere lo status. Tutto riparte, le donne si organizzano con gli accompagnamenti per cercare di risparmiare sulla benzina e sui costi dell’autostrada… i figli? qualcuna prende la babysitter, qualcuna i nonni, qualcun’altra cerca di tirare avanti e arriva sempre un pò in ritardo all’uscota di scuola… Un anno dopo, Lisa, una collega di mia madre, si rende conto che con questi orari, (l’azienda ha inserito primo, secondo turno e sabato obbligatorio) non riesce a conciliare la sua vita di madre. Non vuole più che sua figlia sia sballottata tra i nonni e la vicina e viceversa. Lavora anche lei lì da più di venti anni. Fa una richiesta di part-time dandone le motivazioni. di lavoro ce n’è, anzi assumono anche molto personale… perchè non tentare? Rigettata. Amari estremi, estremi rimedi, Lisa ha fortunatamente una buona entrata da parte del marito e decide di licenziarsi per dedicarsi a sua figlia. L’azienda, avendo perso una lavoratricecon 20 anni di esperienza, grande professionalità, non ha fatto una piega. Ha accettato le dimissioni senza nemmeno un grazie dopo anni di servizio ottimale. Ma perchè non hanno tentato di andarle incontro? magari con degli incentivi, o semplicemente accettare i provare il part time richiesto. Non contano nulla 20 anni di lavoro? è al pari di qualsiasi altra donna che è stata assunta da un mese? senza nulla togliere alle giovani lavoratrici… ma… lacompetenza, l’esperienza e la professionalità non sono considerate? quante donne sono in queste condizioni? obbligate a far fare ai/alle loro figli/e sballottamenti impensabili… ma come si fa senza lavoro? come fa una donna, con una famiglia sulle spalle a non lavorare. Ci si sacrifica una vita e poi ti ringraziano con un “arrivederci” come se niente avessi fatto.
Martina Veraldi