Nel 2014 l’istituto di ricerca statunitense Pew Research Center ha condotto un’indagine sull’ostilità nei confronti dei rom in sette paesi d’Europa: l’Italia è il paese nel quale l’intolleranza e la diffidenza verso i rom sono più diffuse. Nel 2014 sono stati infatti registrati 443 episodi di violenza verbale contro i rom, di cui 204 gravi, e l’87% di questi episodi è riconducibile a dichiarazioni più o meno formali di esponenti politici.
Nonostante la percezione comune della popolazione, facilmente manipolabile e modificata dalle propagande discriminatorie dei politici e dei mezzi d’informazione, in Italia abitano 180 mila rom, l’equivalente dello 0,25 % della popolazione totale, una delle percentuali più basse in Europa. Tra questi, metà è di nazionalità italiana e solo il 3% è nomade. Le regioni dove si registra la presenza più massiccia di rom sono il Lazio, la Campania, la Lombardia e la Calabria (dati del rapporto 2014 della “Associazione 21 luglio”, impegnata nella promozione dei diritti delle comunità rom e sinti in Italia).
Tuttavia le molte condanne arrivate da parte di istituzioni europee e internazionali, dal 2000 l’Italia è definita come “il paese dei campi” per l’enorme diffusione di questa modalità abitativa – fortemente ghettizzante e segregante, voluta dalle forze politiche e finanziata con le risorse dello Stato – che non rispetta gli standard di sicurezza internazionali, ma presuppone una continua violazione dei diritti umani, ostacolanti qualsiasi forma di integrazione.
I campi vengono collocati volutamente lontani dalle città, in zone dove i mezzi di trasposto sono perlopiù inesistenti, e quindi distanti da quei servizi primari ed essenziali come le scuole, gli ospedali, i negozi ecc. e dagli eventuali posti di lavoro. Altra criticità riscontrabile facilmente nei campi rom sono le scarse condizioni igienico-sanitarie.
Malgrado le problematiche elencate del sistema dei campi note a tutti gli esponenti del panorama politico, nel 2012 sono stati costruiti nuovi insediamenti nei comuni di Roma, Giugliano in Campania, Carpi e Milano, coinvolgendo 1.600 rom per un’ ammontare di spesa di 13 milioni di euro.
Nel 2014 sono aumentati anche gli sgomberi forzati. A Roma ne sono avvenuti 34, per un totale di 1.135 persone, mentre a Milano in vista dell’apertura dei cantieri dell’Expo, i numeri sono raddoppiati: sono state sgomberate 2.276 persone nel corso di 191 operazioni di sgombero.
Oltre a violare il diritto internazionale secondo cui le persone sgomberate dovrebbero ricevere un’alternativa valida e una notifica scritta (cosa che non è avvenuta nella stragrande maggioranza degli sgomberi di Roma e Milano), queste operazioni possono considerarsi poco funzionali perché, spesso, i rom ricreano autonomamente nuovi insediamenti in altri luoghi.
Infine, dal rapporto della ”Associazione 21 luglio” emerge che i bambini rom in Italia hanno il 20% di probabilità di iniziare un percorso scolastico, l’1% di probabilità di frequentare la scuola superiore, mentre le probabilità scendono a zero quando si parla di Università. La metà dei bambini rom inseriti nel sistema scolastico abbandona la scuola nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria, mentre nel passaggio tra la scuola media e la scuola superiore la percentuale di abbandoni sale al 95%.
Una piena e pacifica integrazione dei rom in Italia è un obiettivo ancora molto lontano, soprattutto perché, spesso, sono le istituzioni stesse ad ostacolarla. Se però ognuno di noi iniziasse a prendere coscienza del fatto che i rom hanno diritti uguali ai nostri e che un tempo eravamo noi italiani ad essere ghettizzati ed emarginati in paesi stranieri, un passo avanti verso un miglioramento delle loro condizioni di vita verrebbe fatto.
Giulia Armano