ANDREA

Mi è difficile mettere per iscritto i miei pensieri riguardo un’esperienza  come quella che tra poco inizierò a raccontarvi.

Volevo parlarvi di una persona a me vicina per provare a comprendere insieme come l’alcool possa trasformare un individuo.

Non voglio svelare il nome di colui o di colei di cui sto parlando quindi mi limiterò ad usare un nome che è solo frutto della mia fantasia.

Conoscevo Andrea fin da quando ero bambina, ho condiviso molti momenti con questa persona, ho visto in lei risplendere il sorriso e la voglia di vivere, di giocare, scherzare e farsi forza nei momenti di difficoltà.

Era per me un punto di riferimento. Io ammiravo Andrea.

E poi?

Poi un giorno, non mi ricordo esattamente quando, quel sorriso non c’era più, la sua voglia di star bene era scomparsa. Stavo male nel vedere e nel dover vivere la sua trasformazione. Era diventata una persona cupa, spesso arrabbiata, solitaria, bugiarda, si nascondeva dietro ad una bugia pur di bersi il suo “bicchierino” o pur di inghiottire gocce di psicofarmaci.

Ero piccola, ma non stupida, scherzavo, ridevo ma dentro mi sentivo morire.

Passare dei momenti con Andrea non mi faceva star bene, ma non passarli mi faceva venire i sensi di colpa.

Non avevo il coraggio di chiedere aiuto perché avevo paura che delle “persone cattive” me lo portassero via.

Nessun amico e nemmeno familiare faceva cambiare idea ad Andrea. Non voleva guarire, o forse non ne aveva il coraggio! Aveva perso tutta la voglia di vincere ogni difficoltà.  Non trovava più un senso a niente perché ormai l’alcool aveva oscurato la realtà.

La realtà era stata sostituita da un mondo animato, da psicofarmaci che servivano a dormire in continuazione, senza sosta.

Ormai le sue giornate erano diventate infinite nottate, nottate fatte di cadute, di frasi senza senso, di continue bevute.

Poi un giorno qualcuno ha preso la situazione in mano, ha avuto il coraggio di chiamare l’ambulanza per la prima volta.

Forse non è servito a molto che dei volontari arrivassero e portassero Andrea in ospedale.

Ma è stato proprio da quel momento che è nata una battaglia con i servizi sociali, con i reparti di psichiatria, con gli operatori coinvolti.

Sembrava che nessuno riuscisse a capire, sembrava che ogni professionista volesse liberarsi di lui chiudendo il “caso”.

Vivevamo il contesto istituzionale e normativo in cui la situazione di Andrea si collocava come assurdo e non rispondente ai bisogni emergenti.

Provavamo paura, ci sentivamo soli, arrabbiati e non capiti.

Sembrava che non esistesse una via di uscita!

E invece ci si sbagliava… la via di uscita esisteva!

Dopo una serie di avvenimenti piuttosto gravi si è deciso di accompagnare Andrea in una struttura residenziale lontana dal suo contesto quotidiano di vita, cambiando zona e allontanandolo quindi dalla propria casa e città.

Inizialmente Andrea era contraria, non collaborava con gli operatori e viveva la situazione pensando che fosse una punizione a ciò che era successo in tutti quegli anni.

Sono passati mesi, Andrea è ancora lì, si è ambientato e sta bene. Certo, non si può dire che adesso sia pronto per ricominciare autonomamente, però ha già fatto molti passi avanti! Ha compreso le conseguenze dell’alcool, sta iniziando a capire i momenti che ha vissuto sotto l’ effetto di quella sostanza e che ha fatto vivere ad altre persone.

E’ ancora fragile, ed è presto per poter dire “ce l’ha fatta!”, ma si sta impegnando, è più consapevole ed è deciso a migliorarsi e ad uscire da questa situazione.

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