“La parrucchiera di Kabul” di Deborah Rodriguez

Affascinante e sorprendente.

Sono forse questi gli aggettivi più adeguati per descrivere il libro “La parrucchiera di Kabul”; una storia autobiografica che racconta il coraggio di donne di due mondi paralleli, se non opposti. C’è Debby, l’autrice, un’intraprendente parrucchiera americana, e poi ci sono tutte le altre donne afghane che Debora incontrerà nel suo viaggio.

L’autrice fonda, nel 2002, una scuola per parrucchiere a Kabul, in un paese devastato dalla guerra, dalla povertà estrema, dove si vive in un clima di maschilismo, radicato nella società a causa dell’estremizzazione dell’Islam, imposta dai talebani.

Prima di partire, Debby non riesce a comprendere come un mestiere così futile come il suo, in un paese devastato dalla miseria, potesse essere d’aiuto, potesse contribuire a farlo crescere, a migliorarlo. Ne capisce l’importanza, soprattutto, con la realizzazione del suo progetto, con la costruzione della “Kabul Beauty School”, che permette a molte donne, rimaste vedove o prigioniere di quella mentalità fortemente maschilista, di realizzarsi, di sentirsi utili per la propria famiglia, in un periodo dove vi è assenza di lavoro e, quindi, di denaro.

La scrittrice aiuterà queste donne a costruirsi un futuro indipendente.

Nel raccontarci la sua storia, Debby, ci sottolinea la fatica e gli imprevisti che incontra per poter concretizzare il suo desiderio: deve accettare la differenza di mentalità tra il suo mondo e quello afghano, deve lottare contro i mariti afghani, ma anche contro le stesse donne, alcune delle quali si dimostreranno artefici degli ostacoli alla loro liberazione perché oppresse da usanze, da noi considerate assurde, ma, secondo il loro punto di vista, così naturali.

Ciò che Deborah realizza con la sua scuola, in modo così ingenuo, quasi inconsapevole del miracolo che ha compiuto, è quello che noi definiamo empowerment.

Il concetto di empowerment è nato e si è sviluppato principalmente nell’ambito della psicologia di comunità, poi utilizzato in molte altre discipline, la cui traduzione letterale è “rendere potenti”.

E’ un processo attraverso cui si individuano e si attivano le risorse presenti nella situazione in cui si lavora, si scorgono gli aspetti da potenziare e si intuisce la direzione verso cui si vuole andare. In sostanza, attraverso l’empowerment si dà potere agli individui, nell’accezione positiva del termine, nel senso di potere di fare e partecipare.

Ed è proprio questo che è riuscita a fare Debby con la realizzazione del suo progetto; ha fatto scoprire a quelle donne la forza che posseggono, ha insegnato loro un mestiere, rendendole attive e protagoniste delle loro vite e di quelle delle loro famiglie.

Keren Strulovitz e Federica Lopardo

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