Il libro di Paulo Coelho : “Veronica decide di morire” ci fornisce molti spunti di riflessione e permette al lettore di crearsi varie chiavi di lettura della realtà. L’autore affronta temi difficili quali il suicidio, la follia e l’amore in modo molto spirituale, profondo e mai banale.
La protagonista di questo romanzo è Veronika, una ragazza di 24 anni originaria della Slovenia che un giorno decide di concludere la sua vita suicidandosi. Vi chiederete quali motivazioni forti spingono una giovane donna a uccidersi; ebbene la vita di Veronika non è mai stata segnata da grossi traumi che potrebbero giustificare la sua scelta, bensì la motivazione che spinge questa ragazza è la noia. Viene spontaneo chiedersi come sia possibile che la semplice noia a 24 anni porti una giovane ragazza a prendere questa decisione. Coelho ce lo spiega molto bene dando al lettore due motivazioni: “nella sua vita, tutto appariva identico, e , passata la gioventù, ecco la decadenza: la vecchiaia cominciava a lasciare segni irreversibili, arrivano le malattie, gli amici se ne andavano … . Insomma continuare a vivere non aggiungeva nulla: anzi, aumentavano considerevolmente le occasioni di sofferenza. Come si può oggettivamente dare torto a Veronika? Chiunque sa che molte delle cose affermate dalla ragazza sono vere. Non ci si può sottrarre alla sofferenza insita nella vita. E quindi perché decidere di vivere se la vita stessa porta l’uomo a soffrire? Quanti di noi se lo sono chiesti in tanti momenti della propria esistenza. Penso alla morte di una persona cara, alle brutte notizie che troviamo sui giornali, alle ingiustizie della disabilità ecc… Credo che ognuno di noi abbia almeno una volta nella vita pensato ciò che Veronika sostiene.
Ma proseguiamo con la seconda motivazione che Coelho ci da per giustificare tale decisione :“ Veronika leggeva i giornali, guardava la televisione ed era al corrente di quanto succedeva al mondo. Era tutto sbagliato, ma lei non aveva alcun modo di contrastare quella situazione, e questo le dava una sensazione di inutilità.”
L’inutilità, una parola con almeno una volta tutti noi ci siamo confrontati. Ci sono situazioni per le quali nessuno di noi può fare niente e ciò porta le persone a sentirsi impotenti, incapaci di poter in alcune occasioni cambiare le cose.
La riflessione di Coelho si spinge oltre. Veronika viene salvata per caso e ricoverata a “Villete”, un manicomio. Al suo risveglio, la giovane donna, molto confusa incontra una figura di donna, un’infermiera, che non conosce ma che le racconta la storia di sua zia, sperando forse che ciò le potesse far cambiare idea. Coelho ci permette in questo passo del libro di riflettere sul suicidio visto non più solo dal punto di vista del suicida ma dagli occhi di chi subisce questa morte fornendoci queste parole : “in un mondo in cui si tenta disperatamente di sopravvivere, come si possono giudicare le persone che decidono di morire?”. Capita spesso che davanti a un suicidio si cerchino delle risposte, risposte che nessuno può dare perché chi decide di morire porta con se anche tutti i suoi perché. “Ciascuno conosce la grandezza della propria sofferenza, o la dimensione della totale mancanza di significato della propria vita.” A volte noi ci sforziamo di dare spiegazioni al dolore altrui dovendolo per forza catalogare, descrivere ma non potremo mai capire fino in fondo quanto profonda sia la sofferenza che alcune persone si portano dietro. Per quanto noi ci sforziamo di capire l’unica cosa che possiamo fare, a mio parere, è esserci.
La morte viene vista come libertà, liberazione, oblio. A volte queste persone si sentono schiacciate dai loro problemi e non vedono la via d’uscita se non quella di morire. La morte viene vista positivamente.
Il suicidio è purtroppo molto diffuso; i dati dell’OMS ci dicono che ogni anno un milione di persone compie questa scelta. Gli studi dimostrano che è presente anche in società dove è considerato illegale, o tabù. L’OMS considera il suicidio un grave problema di salute pubblica in quanto i dati ci suggeriscono che muoiono più persone di suicidio che a causa di conflitti armati.
Ciò nonostante alcuni studi scientifici ritengono che sia possibile prevenire e ridurre l’incidenza dei casi di suicidio attraverso una conoscenza dei segnali d’allarme.“La maggior parte degli individui con rischio di suicidio vuole assolutamente vivere; costoro non riescono però a trovare possibili alternative ai loro problemi.
E qui entra in gioco ognuno di noi: prima accennavo al fatto che in questi casi l’importante è esserci, ebbene è stato dimostrato che la maggior parte degli individui emette dei segnali inerenti la loro intenzione suicida ma capita molto spesso che gli altri non li colgano o non si sentano in grado di dare risposte alla loro richiesta d’aiuto. La cosa che invece potrebbe essere utile è proprio parlarne in quanto questi soggetti tendono a vedere i loro problemi in un’ottica negativa che non gli permette di vedere delle possibili soluzioni. In molti casi il suicidio è una soluzione permanente a problemi temporanei ed è per questo motivo che il tempo è un fattore importante, bisogna intervenire nella fase critica.
Ci sono dei segnali che possono essere d’aiuto nell’individuare gli individui con tendenze suicide:
– Segnali verbali: “non posso andare avanti così”, “Non m’importa più di niente” o anche “sto pensando di farla finita”.
– Diventare depressi o rinchiudersi
– Comportarsi pericolosamente
– Mettere ordine nei propri affari e regalare oggetti di valore
– Mostrare marcati cambi di comportamento, attitudini o apparenza
– Abusare di droga, medicinali o alcool
– Soffrire per grandi perdite affettive o cambiamenti nella vita
– Piangere spesso
– Auto-mutilazione
– Disturbi del sonno
Questo tema è molto difficile da trattare ma credo sia importante farlo non ponendoci in un ottica solo di conoscenza ma soprattutto in un’ottica di riflessione in quanto spesso la frenesia della vita di tutti i giorni ci fa perdere di vista i rapporti. A volte questi rapporti sono l’unica fonte di salvezza di qualcuno. Non lasciamo che la voce di queste persone non venga udita… cerchiamo di esserci.
Mainolfi Marica