Scrivo queste poche righe per condividere una delle esperienze che più hanno segnato positivamente la mia vita. Descriverò una imperdibile opportunità alla quale si può accedere dai 18 ai 30 anni ossia l’ European Voluntary Service (EVS), ora chiamato Erasmus +.
In cosa consiste? Ufficialmente EVS “offre ai giovani l’opportunità di partecipare su base volontaria ad un’attività di utilità sociale e senza scopo di lucro, in un paese diverso da quello di provenienza. Attraverso il Servizio Volontario i giovani contribuiscono al processo di coesione sociale e alla solidarietà e possono accrescere in maniera considerevole le loro abilità e competenze personali, professionali e interculturali”.
I progetti di EVS hanno generalmente una durata minima di due mesi e una massima di dodici. I progetti possono essere svolti in associazioni i cui campi di azione sono svariati: progetti sociali, ambientali, culturali e molti altri. Attraverso il link di seguito potrete consultare i nuovi progetti approvati: http://europa.eu/youth/evs_database
Oltre al lavoro nell’associazione ogni progetto EVS offre ai volontari: una casa condivisa solitamente con altri volontari, pasti, e sostegno linguistico.
Il mio progetto ha avuto una durata di sette mesi e con certezza posso dire che è stato uno dei periodi più arricchenti e densi della mia esistenza.
Ho vissuto a Burgos, nella regione della Castilla y Leon in Spagna, e appena arrivata in città i comuni pregiudizi positivi rispetto al clima spagnolo si sono dissolti a contatto con la sua tiepida estate, dove è necessaria la copertina per dormire di notte anche il 15 di agosto! Un argomento che può apparire banale come quello del clima è solo un esempio di come viaggiando si possano rafforzare o contraddire idee generali sul mondo, e queste scoperte (di qualsiasi ordine di rilevanza) sono proprio uno degli aspetti più emozionanti dell’esperienza di ogni viaggiatore.
Ho lavorato dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 14.10 alla Comunità Terapeutica del Proyecto Hombre (PH) per la riabilitazione di persone con tossicodipendenze e/o ludopatie, un’ associazione il cui seme è germogliato in Italia ma che in seguito si è radicata sostanzialmente in tutta la Spagna.
Nello specifico come volontaria ho dovuto accompagnare gli utenti nelle loro diverse gestioni: andare dal medico, all’ospedale, in tribunale, in carcere. Questi luoghi non sono certo una casualità, infatti le persone che si portano sulle spalle lunghe storie di tossicodipendenza si trovano spesso, come conseguenza dell’abuso di droghe, in contatto con il carcere e ancora più frequentemente sono soggette a complicanze sanitarie di varia natura. Tra le patologie più tipiche si riscontrano perdita dei denti e talvolta AIDS o Epatite C.
La comunità è sorretta dal lavoro di sei terapeuti e uno dei compiti dei volontari è quello di aiutarli nell’organizzazione della comunità. Ad esempio li ho supportati durante i nuovi ingressi, a volte sostituendoli come responsabile del giorno; ho effettuato alcuni colloqui con gli ospiti per la compilazione di test psicologici, e ho organizzato e somministrato farmaci.
Ma il compito principale è stato instaurare con gli utenti una relazione “sana” caratterizzata dal non giudizio, ascoltarli e appoggiarli personalmente durante il loro inserimento in comunità, il cui processo ha durata normale di circa un anno. Vivere in comunità è difficile per gli utenti perché tutti hanno personalità distinte e storie personali e familiari complesse. Si trovano inoltre in una fase della vita caratterizzata da molta sofferenza in cui oltre ad abbandonare la sostanza, affrontano i loro più profondi problemi interiori.
Un altro aspetto critico rispetto alla buona riuscita del processo terapeutico è certamente l’aumento del numero di persone la cui dipendenza ha portato o enfatizzato problemi di natura psichiatrica, dovuti all’abuso e al policonsumo di sostanze sempre più chimiche.
Non nascondo la mia paura prima di partire: non sapevo dove fosse la città sulla cartina geografica nè tanto meno parlavo lo spagnolo! Durante il mio soggiorno a Burgos però ho frequentato una scuola di lingue per 10 ore alla settimana, possibilità messa a disposizione dal progetto stesso.
La bellezza di questi progetti è proprio l’occasione che ti danno di apprendere, tante e diverse cose.
E voi siete mai partiti per un progetto EVS, lo fareste? Mi piacerebbe condividere altre storie e soprattutto incitarvi a partire!
Monica Lutzu