DUE PERCORSI DI TIROCINIO, SINTESI DI UNA VISIONE COMUNE

 

In un contesto sociale caratterizzato sempre più da situazioni multiproblematiche, ove si riscontrano in numero sempre maggiore atti pregiudizievoli nei confronti dei minori, diviene necessario raccontare il lavoro svolto dai servizi a tutela di questi.

Come studentesse universitarie protagoniste di esperienze di tirocinio svolte all’interno di tali servizi, vorremmo condividere le nostre riflessioni rispetto alle difficoltà che caratterizzano il lavoro dell’Assistente Sociale nelle relazioni con i soggetti e con le agenzie territoriali.

I servizi sono chiamati ad attivare qualsiasi mezzo di intervento disponibile in favore del benessere del minore segnalato, costruendo un progetto d’aiuto che coinvolga lo stesso e il nucleo familiare di appartenenza. Il lavoro svolto dagli operatori  va ad indagare le modalità relazionali esistenti nella coppia coniugale e all’interno del nucleo familiare, con l’obiettivo  di far riflettere i genitori in merito al proprio ruolo, di accrescere le loro capacità e la loro sensibilità, non solo al fine di individuare e risolvere problemi e conflitti, ma anche di prevenirli e gestirli.

Per poter raggiungere tali obiettivi è indispensabile costruire un rapporto collaborativo e di fiducia con i  genitori e gli eventuali membri del nucleo familiare, attivando una rete di servizi ottimale che risponda ai bisogni delle famiglie e intervenga sulle problematiche esistenti.

La visione distorta da parte degli utenti, causata dagli interventi coatti e di controllo attuati dal servizio, la conseguente chiusura e la non collaborazione con gli operatori, la fragilità della rete dei servizi coinvolti, rende difficoltoso il raggiungimento degli obiettivi sopra citati.

Nella realtà i servizi si confrontano con queste problematiche quotidianamente e l’Assistente Sociale si trova a dover fronteggiare sempre più situazioni che deviano il percorso concordato con la famiglia al momento della presa in carico, a discapito di un andamento coerente e lineare verso l’obiettivo prefissato.

Tale aspetto, unito alla mancanza di una rete di servizi stabile, che operi in funzione di un obiettivo chiaro e comune, porta sfiducia nei confronti dei servizi e sentimenti di frustrazione negli operatori .

Vivendo in prima persona tali stati d’animo sentiamo il bisogno, come studentesse, di suggerire delle soluzioni possibili a fronte delle problematiche riscontrate.

A nostro avviso sarebbe necessario potenziare e promuovere, laddove non sono ancora presenti, progetti che facilitino l’accesso spontaneo al servizio da parte delle famiglie (consulenze nelle scuole, costituzione di gruppi  di auto mutuo aiuto…), andando ad influenzare positivamente quella visione distorta dei servizi che ostacola progetti efficaci ed efficienti. E’ doveroso, inoltre, attivare la collaborazione all’interno della rete dei servizi coinvolti nel progetto di intervento, nel rispetto dei propri ruoli e della deontologia professionale di ognuno, con l’obiettivo di costruire le fondamenta su cui poggiare relazioni intrafamiliari più funzionali.

E’ importante tenere presente tuttavia che sono le famiglie in prima persona a dover comprendere e poi modificare le dinamiche disfunzionali che si sono create, mentre i servizi devono facilitare tale cambiamento, favorendo la costruzione di contesti solidi in cui il minore possa crescere serenamente.

 

 

Buraschi Laura

Camolese Isabella

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