Voglio parlarvi di una delle più grandi donne del nostro tempo.
Vandana Shiva, nata a Dehra Dun, nell’India del nord, il 5 novembre del 1952.
Scelgo di ricordare in questo piccolo spazio la grandezza e l’importanza del lavoro e della determinazione di questa attivista ed ecologista indiana nel difendere la dignità del Pianeta e delle comunità che lo abitano.
Dopo la laurea in fisica quantistica presso l’Università di Western Ontario, Canada, l’ormai premio Nobel alternativo per la pace torna in patria e si rende conto del tremendo flagello che vive la sua terra, l’Himalaya: degradazione del suolo, denigrazione delle parti sociali più “deboli”, i contadini, perdita delle colture locali a favore dei maxi piani monocolturali delle grandi multinazionali.
Inizia così il percorso che la porterà ad abbandonare la sua carriera di scienziata per dedicare i suoi studi e le sue conoscenze alla tutela dell’umanità diventando una tra le più autorevoli voci mondiali in difesa della biodiversità, concetto mai come in questo caso inteso nel suo senso più ampio: dalla difesa del suolo alla tutela delle colture tradizionali; dal rispetto per le risorse naturali a quello per le comunità locali che in esse trovano sostentamento.
Scrive numerosi libri nei quali spiega scientificamente e politico-economicamente le scelte prese dalle grandi potenze mondiali del XX-XXI secolo, volte a impoverire sempre di più le popolazioni rurali del Terzo mondo.
Impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell’ambiente e delle culture native, è oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi.
Rifacendosi alla crisi attuale del capitalismo Vandana afferma:
“Vivere con meno è il nostro rinascimento. Questo sistema economico è insostenibile, è contro l’ambiente, è contro l’uomo ed è contro il bambino. La libertà non è avere di più ma essere di più, riaccostarsi alle cose semplici e recuperare una dimensione più umana. La nostra libertà è un percorso di spoliazione da quello che in realtà non ci serve affatto.
Il corpo obeso del bambino americano e lo scheletro di quello africano sono il prodotto dello stesso sistema. Obeso non è solo il corpo ma anche la mente dell’uomo occidentale, satura e corrotta da un modo di pensare artificiale, in un gigantesco processo di rimozione collettiva.
Un sistema basato su principi quantitativi e depredatori, sul delirio di onnipotenza della nostra specie, un delirio che ci pone a distanza dalla Terra e danneggia innanzitutto noi.
Il nuovo rinascimento parte da questa consapevolezza e trae alimento dalla denuncia e dalla discussione pubblica. Ed in maniera ancora più profonda dal grande potere d’attrazione che la natura suscita su noi tutti”.
Queste parole sono tratte da “Terra Madre”, il film-documentario di Ermanno Olmi che vede Vandana Shiva tra i protagonisti.
Per chi fosse interessato, tra le opere di Vandana Shiva si trovano: “Sopravvivere allo sviluppo” (1990); “Monocolture della mente” (1995); “Abbracciare la vita” (1995); “Biopirateria” (1999, 2001); “Vacche sacre e mucche pazze” (2001); “Il mondo sotto brevetto” (2002); “Le guerre dell’acqua” (2003); “Le nuove guerre della globalizzazione” (2005); “Il bene comune della Terra” (2006); “Campi di battaglia, Biodiversità e agricoltura industriale” (2009); “Fare pace con la terra” (2012)… Buona lettura!
Daniela Raccagni
su questo tema potrebbe interessare anche il libro “Prove di felicità quotidiana” di e sull’esperienza dei Bilanci di Giustizia: http://www.veronaestetica.org/aree-tematiche/bilanci-di-giustizia/93-prove-di-felicita-quotidiana.html
😉
Grazie per la segnalazione!