Coca-Cola, Garnier, Nestlè, Nike, Timberland etc: cosa c’è dietro le grandi marche?
Da definizione, per consumo critico si intende l’organizzazione delle proprie abitudini di acquisto e consumo accordando le proprie preferenze ai prodotti che posseggono determinati requisiti di qualità differenti da quelli comunemente riconosciuti dal consumatore medio.
Per il consumatore critico, criteri per la scelta di un prodotto possono essere ad esempio la sostenibilità ambientale del processo produttivo e di trasporto; in quest’ultimo caso, la cosiddetta filosofia Km zero consiste nell’acquisto di prodotti alimentari locali. Altri importanti principi riguardano invece l’etica del trattamento accordato ai lavoratori ma anche, nei casi dell’industria cosmetica e alimentare, il rispetto nei confronti della vita degli animali, spesso violato attraverso sperimentazioni o pratiche barbariche come nel caso del foie gras.
Riguardo al trattamento dei lavoratori, un grosso problema è rappresentato dalla delocalizzazione della manodopera in paesi le cui legislazioni di tutela dei lavoratori sono piuttosto carenti. Per esempio, Federico Rampini nel suo libro L’impero di Cindia ci parla del processo produttivo dei giocattoli Disney: “Libri di Topolino, album colorati con le figure del pesciolino Nemo sono le prove a carico di un impressionante dossier sugli abusi dei diritti umani nelle fabbriche cinesi. Dietro gadget e giocattoli che vengono venduti dalla Disney ai bambini del mondo intero, ci sono le vittime di una tragica serie di incidenti in fabbrica: dita e mani amputate, morti sul lavoro”. Ma la Disney non è certo un caso isolato: infatti, la stragrande maggioranza delle multinazionali più conosciute non agisce diversamente.
Per contrastare tali problematiche è fondamentale che ogni consumatore prenda coscienza del fatto che il proprio potere d’acquisto è un potente strumento per influenzare il comportamento delle industrie: comprando secondo determinati principi, il consumatore può infatti premiare le aziende più meritevoli da un punto di vista etico.
Acquistare e consumare in modo critico non è chiaramente un dovere, resta pur sempre una scelta per la quale, inoltre, il consumatore necessita di moltissime informazioni su prodotti, metodi di fabbricazione e filosofia di produzione delle grandi marche, e la ricerca di informazioni richiede interesse e tempo. È certo, però, che l’interessamento di tutte le persone e il conseguente acquisto consapevole potrebbe fare la differenza in molti campi ancora bisognosi dell’attenzione delle persone, come appunto i diritti dei lavoratori e la salvaguardia dell’ambiente.
A tal proposito può essere utile ricordare la presenza dei GAS (Gruppi di Acquisto Solidale), organizzati spontaneamente, che partono da un approccio critico al consumo e che vogliono applicare principi, quali l’equità e la solidarietà ai propri acquisti (principalmente prodotti alimentari o di largo consumo) e che nascono da una riflessione sulla necessità di un cambiamento del nostro stile di vita. Come tutte le esperienze di consumo critico, anche questa vuole immettere una «domanda di eticità» nel mercato, per indirizzarlo verso un’economia che metta al centro le persone e le relazioni.
Manuela Oreto