Anni fa andai con un’amica in via Vivaio all’Istituto dei ciechi di Milano, per svolgere il percorso chiamato “Dialogo nel buio”. Rimasi profondamente colpita da quell’esperienza diversa, difficilmente replicabile in altri contesti per chi è vedente.
Il percorso inizia una volta formati dei gruppetti da 6-8 persone; ad ognuno dei componenti viene consegnato un bastone. Dopo di che ci si addentra nella struttura dove, inizialmente, vi è ancora luce, ma, a mano a mano che si percorre il corridoio, la luce inizia ad affievolirsi sempre di più fino a che non si arriva al buio completo.
Ricordo che una volta trovatami nel nero più totale, la sensazione che ho provato è stata quella di paura mista a smarrimento, ma tutti siamo stati subito rassicurati dalla voce della nostra guida che si è presentata e ci ha chiesto di presentarci a nostra volta.
La guida ci ha spiegato che il percorso si sarebbe svolto ovviamente tutto al buio e che avremmo attraversato varie stanze che rappresentavano luoghi differenti; per cui, in ogni stanza, avremmo incontrato suoni, odori, materiali differenti che ci avrebbero aiutato a capire in quale posto ci trovavamo. Non potendoci affidare alla vista dovevamo lasciarci guidare solo dagli altri sensi con l’aiuto del bastone.
Non ricordo più in quante stanze siamo passati, rammento però di essere stata su una barchetta, quindi di aver sentito l’acqua e l’ondeggiare tipico di un’imbarcazione, e di esser rimasta piacevolmente sorpresa nell’aver riconosciuto facilmente il legno della struttura della barca una volta salita all’interno di essa.
L’episodio che però mi ha colpito estremamente è stato quando, ad un certo punto del percorso, mi ero allontanata un po’dal gruppo e la guida mi disse: “Veronica non andare troppo avanti, aspetta gli altri”. Risposi con un “Ok” che mi venne spontaneo; ma quando pensai che una persona non vedente, che per di più non mi conosceva se non da qualche minuto, mi aveva riconosciuta fra tutti gli altri componenti del gruppo, rimasi sbalordita.
Solo in quel momento ho realmente capito quanto queste persone riescano a dare importanza a quei particolari e a quelle piccolezze (che per loro non lo sono affatto), per comprendere la realtà che li circonda. Come affinare l’udito riconoscendo il modo di camminare delle persone, proprio come la guida aveva fatto con me.
E’ incredibile come riescano ad utilizzare al massimo tutti quei sensi che noi trascuriamo, o che comunque utilizziamo minimamente perché li consideriamo secondari; loro riescono a completare la visione del mondo con il tatto, seguendo gli angoli di oggetto che diventa un libro; con l’olfatto, riconoscendo un odore che arriva dalla strada; con l’udito, cogliendo quelle sfumature nei toni delle voci delle persone che li rendono unici; con il gusto, assaporando un buon gelato che si scoglie in bocca.
Consiglio a tutti di provare questa esperienza unica e molto particolare poiché “ti fa vedere” il mondo in un altro modo. In quell’ora di percorso cogli delle accezioni e dei significati che nella vita di tutti giorni non noti nemmeno, mentre lì dentro ogni dettaglio diventa importante e ogni particolare ti aiuta a completare il tuo puzzle.
Non metto in dubbio che la vita di una persona non vedente sia difficoltosa per molti aspetti, ma, sentendo la guida parlare, non ho colto rassegnazione nella sua voce o tristezza; semplicemente raccontava quante altre cose si possono apprezzare quando non si ha la possibilità di vedere con gli occhi, ma lo si può fare con tutto il resto del corpo.
Veronica Sammarco